Porta Vivaria
Altri accessi, come la Porta del Migliarino, sono oggi completamente scomparsi.
Sarebbe artificioso, nel caso di Orvieto, voler vedere degli incroci tra la direttrice O-E, identificata come decumano, ed una non riscontrabile strada che tagliasse l’abitato da Nord a Sud congiungendo in particolare Porta Vivaria a Porta Pertusa: una grande strada centrale che bipartisce la città è, in effetti, riscontrabile in un numero elevatissimo di agglomerati urbani e non è, da sola, indizio di un impianto urbanistico riconducibile a quello delle antiche città romane.
La rete viaria di Orvieto –certamente anche in conseguenza della particolarissima condizione in cui venne a formarsi– è più funzionale che simbolica, e le strade più importanti erano, per forza di cose, quelle che univano i punti più lontani dell’allungata piattaforma tufacea. Il lato corto era unito da viuzze (talvolta dette reiti o reti) che non s’incontravano tra loro ma andavano ad immettersi nelle strade lunghe.
La Porta Vivaria, chiamata anche dello Scenditoio, era la più sicura e la meglio difendibile in tempo di guerra, essendo accessibile solo attraverso una stretta scala tagliata nel masso della quale s’è perduta quasi ogni traccia.
Alla fine del XIII secolo, proprio in quest’area inizialmente disabitata tra la chiesa di S.Agostino e quella di S.Nicola (attualmente residenza privata e visibile immediatamente ad Est della porta), “fu ordinato il campo bovario”, e “de vendere li animale dentro porta Vivaria”. Nel 1304 il campo tra la porta (detta anche “nova”) e S.Nicola sarà bonificato e per l’occasione il mercato sarà ampliato.
Sotto questo punto del perimetro della rupe si tenevano inoltre i cosiddetti ludus bataglie, momenti in cui le due realtà sociali cittadine –i nobili e i popolani– si affrontavano e, nell’orizzonte rituale e simbolico del gioco, si rinsaldava l’unità cittadina e forse, più concretamente, l’affiatamento fra i gruppi sul piano militare.
Assieme ad altri ingressi cittadini, la porta venne restaurata al tempo dell’arrivo di Clemente VII ad Orvieto. All’inizio del Seicento, il vicino caditoio che espelleva le acque sporche (l’altro era nei pressi della Porta Postierla) e che era servito per irrigare l’orto della prebenda di S.Andrea, sarà utilizzato dalla ricostituita Arte della Lana per le tintorie che allora fiorivano attorno alla porta, ormai ridotta a rudere.